“RigeneriAmo Catania”, con i segretari nazionali di Fillea e Spi
Catania è in continua espansione abitativa e ignora la rigenerazione urbana che potrebbe decisamente cambiare in meglio il suo destino. Nello stesso tempo, il numero dei suoi abitanti si abbassa di circa trentamila unità ogni 10 anni, attestandosi ormai sotto i 300.000 residenti. Sessantotto mila circa sono over 65. Gli anziani, sempre più poveri e desiderosi di servizi, sono coloro che più di altri soffrono una città sempre meno a misura di cittadino.
Il capoluogo etneo vanta inoltre un Piano regolatore tra i più vecchi d’Italia– classe 1969- si allaga ai primi forti temporali proprio perché il cemento è stato usato senza regole, e vanta un numero spropositato di edifici abbandonati che di fatto vengono sottratti ai servizi pubblici. Un grave paradosso che la Cgil, la Fillea e lo Spi Cgil catanesi hanno deciso di mettere al centro di un confronto tra sindacato e istituzioni.
È successo stamattina con “RigeneriAMO Catania. Dalle periferie al centro”, che ha ospitato il segretario generale della Fillea nazionale, Alessandro Genovesi, e Ivan Pedretti segretario generale dello Spi CGIL nazionale. Al tavolo del confronto si sono alternati Carmelo De Caudo, segretario generale della Cgil di Catania, che ha introdotto i lavori, mentre le relazioni sono state affidate a Giuseppina Rotella, segretaria generale dello Spi, e a Vincenzo Cubito, segretario generale della Fillea Cgil. Ai lavori hanno partecipato l’assessore comunale Paolo La Greca vice sindaco e assessore all’Urbanistica, del segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino, di Alfio Torrisi, dell’ Ordine degli ingegneri di Catania, del segretario dell’ Ordine degli architetti di Catania, Giuseppe Messina, e dell’architetto Giovanni Lucifora. Nel corso dei lavori è stato proiettato in anteprima il corto “Il cielo sopra Librino”.
Rigenerare significa anche rispettare i diritti
È stato De Caudo a ricordare il disastro del 2021 quando Catania “non resse al Medicane “Apollo” e furono ben tre le vittime”. Fu allora, ricorda De Caudo, che la Cgil propose con convinzione di applicare i principi della rigenerazione urbana perchè “coincide con il rispetto dei diritti e della legalità, per esempio trasformando i beni confiscati in servizi sociali e lavoro”.
È poi toccato a Giuseppina Rotella, segretaria Spi, spiegare che nell’ambito di una necessaria contrattazione con il Comune, sia necessario tenere presente alcuni dati; tra questi c’è l’indice di vecchiaia, ossia il rapporto percentuale tra il numero degli ultrasessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni.
“Ad esempio, nel 2022 l’indice di vecchiaia per il comune di Catania rivela che ci sono 161,7 anziani ogni 100 giovani, e che aumentano sempre più gli anziani e diminuiscono i giovani. – spiega Rotella – La città metropolitana ha invece oltre 1 milione di abitanti e di questi più di 228 mila circa sono over 65; l’indice di vecchiaia è di 147,6 cioè 147,6 anziani ogni 100 giovani”.
Per lo Spi catanese, “l’obiettivo è rendere le città più a misura d’uomo e nel nostro caso più a misura di anziani che sono spesso soli, in case troppo grandi per le famiglie che si sono snellite negli anni, magari in immobili nel centro storico. Case che spesso diventano prigioni costruite per persone pienamente abili e non per chi ha ridotte capacità di mobilità. La rigenerazione reale, deve passare dall’impiego di risorse nazionali, regionali e comunali, e deve sintetizzare tre azioni: strategica, integrata e inclusiva”.
Al contempo Rotella ricorda le iniziative di rigenerazione che lo Spi ha organizzato nel difficile, popoloso ma vitalissimo (grazie anche alle associazioni e alle scuole all’avanguardia) del quartiere di Librino. Esperienze spesso dimenticate dall’amministrazione comunale nonostante la sottoscrizione.
L’area urbana da ripensare in ottica non espansiva
Lo sanno bene gli edili catanesi, come ha sottolineato il segretario generale Vincenzo Cubito: “A Catania serve invece pensare l’area urbana in un’ottica sempre meno espansiva, ma al momento le uniche scelte da prendere in considerazione sembrano essere invece dei soliti singoli privati. Poco incisiva ci è poi sembrata la chiamata alle armi in piena estate di questa amministrazione per discutere insieme i progetti relativi ai piani urbani integrati poi definanziati dal governo nazionale”.
La Fillea catanese chiede quindi una programmazione della Pubblica Amministrazione che imponga il consumo di suolo zero, privilegi i piani di ristrutturazione integrati di distretto o vicinato come strumenti urbanistici ordinari con un’unica grande consapevolezza: “che per ogni euro speso sul mattone servirà un euro speso sulla società”. Gli edili chiedono anche chiarezza sul definanziamento del PNRR “di cui non riusciamo ancora a comprendere le reali entità, eppure si tratterebbe di un contributo economico importante per progetti che variano dal recupero di zone degradate”. Il riferimento è a San Berillo e anche a Librino, quartiere periferico con parecchie incompiute; appartamenti ristrutturati male oppure finiti ma in attesa di riqualificazione, che potrebbero invece colmare parte di quella “fame di case popolari”, fino alla rigenerazione delle zone a verde e dei parchi a Monte Po, passando per l’eterno incompiuto Corso dei Martiri.
Il dibattito
Alle sollecitazioni del sindacato ha risposto il vicesindaco La Greca che a proposito di rigenerazione ha sottolineato come “il rapporto con i privati sia fondamentale”. La Greca non ha nascosto il suo sguardo critico su misure come il super bonus del 110% che si sarebbero più concentrate su operazioni di miglioramento estetico che strutturale degli edifici. La Greca ha anche ricordato come operazioni edilizie di fine Novecento analoghe alla costruzione di quartieri come Librino, nel corso del tempo si sono rivelate degli errori: “e sarà difficile trovare soluzioni immediate per sanare un processo”.
Il segretario di Cgil Sicilia, Alfio Mannino, ha dunque ribadito come sia “grave che le risorse del PNRR siano state tagliate. Le nostre città hanno enormi spazi periferici per i quali un progetto di riqualificazione deve puntare alla riqualificazione edilizia, alla creazione di spazi di aggregazione per i giovani, di luoghi per l’infanzia, di verde urbano, Investire su questo significa dunque anche dare risposte ai giovani, alle donne a tutta la popolazione residente. Significa attivare filiere di lavoro di qualità nell’edilizia, nella cura del verde. Ma non sembra che il governo abbia compreso questo”.
Alfio Torrisi, dell’ Ordine degli ingegneri di Catania, ha messo in evidenza la necessità che il futuro PUG, il Piano urbanistico generale (ex PRG), “non sia solo uno strumento in mano ai tecnici ma deve rispecchiare la voce della città, diventando poi la radiografia di un obiettivo”; una logica che si avvicina molto alla visione del sindacato che identifica la vera rigenerazione con la contrattazione e la consultazione dal basso.
Per Giuseppe Messina, segretario dell’ Ordine Architetti PPC di Catania: “è fondamentale promuovere una cultura della domanda, mirata alla ricerca del senso della città attraverso un percorso di co-progettazione che coinvolga la popolazione. La promozione della conoscenza dello spazio in cui viviamo, naturale e antropizzato, quindi del paesaggio e dell’ architettura, incoraggia il senso di opportunità, di identità e di responsabilità, la collaborazione e l’interazione dell’intera comunità. Il cambiamento deve riguardare anche la riconversione del diaframma esistente tra tessuto urbano e linea di costa”.
Per l’architetto Giovanni Lucifora serve “che si parta dalla potenza politica che un intervento di architettura ha sul tessuto urbano. La città di Catania manca di una politica urbanistica, di una visione di “città che dovrà essere”. Avrebbe bisogno di azioni grandi e piccole che possano indirizzarne il futuro. Bisogna puntare su modelli sani e sostenibili, attraverso una progettazione collaborativa».
Le conclusioni dei segretari nazionali
Il segretario nazionale degli edili, Genovesi, ha sottolineato con forza, che “il futuro dell’edilizia è solo nella sostenibilità ambientale e sociale. Gli spazi vanno dunque pensati a partire dai bisogni sociali. Dobbiamo trovare alleati, e far vivere le nostre piattaforme”.
I lavori sono stati conclusi da Pedretti: “Rendere le città a misura di chi ci vive: questo, in effetti, vuol dire ‘rigenerazione urbana’. Ripensiamo gli spazi rendendoli più sostenibili, più aperti alla socialità, più inclusivi. I nostri anziani vivono spesso in condizioni di isolamento sociale e urbano: questo schema va rovesciato”.