8 luglio 1960. La Cgil ricorda Salvatore Novembre. “Spararono sulla folla. Oggi la resistenza non violenta rischia di diventare reato”.

“Il ricordo dei fatti di sangue dell’ 8 luglio 1960 e l’uccisione a Catania di Salvatore Novembre, ci confermano che la libertà di manifestazione in una vera democrazia non può essere azzoppata come questo Governo sta tentando di fare ”.

Assume un nuovo significato quest’anno la ricorrenza della morte del ventenne ucciso dalla polizia nel giorno delle repressioni che resero tristemente famoso il Governo Tambroni.

La Cgil di Catania ricorda quell’ 8 luglio in cui la polizia sparò sulla folla di manifestanti che protestavano contro il governo, in particolare contro l’eccidio di Reggio Emilia avvenuto il giorno prima. Il giovane disoccupato era arrivato da Agira per cercare lavoro come operaio edile.

“Invece trovò la morte – commenta il segretario generale della Cgil di Catania, Carmelo De Caudo- e non potremo mai dimenticare le foto del suo cadavere insanguinato e abbandonato sul marciapiede di piazza Stesicoro. Pensare che quei tempi non possano più ritornare sarebbe però un grande errore. Siamo l’Italia che manganella gli studenti in piazza e in questi giorni 

è pronta ad approdare nell’aula di Montecitorio nell’ambito del disegno di legge Nordio-Piantedosi, la norma del “reato di blocco stradale” ribattezzata “anti- Gandhi”, che punirà con il carcere chi bloccherà una strada manifestando anche solo con il proprio corpo. La resistenza non violenta rischia di divenire reato in un Paese democratico tra l’indifferenza. La Cgil, così come tutti i sindacati, ha utilizzato spesso la formula della manifestazione stradale e il blocco nelle vertenze più calde della città. Sarebbe assurdo se i lavoratori non potessero più farsi ascoltare con gli strumenti della protesta pacifica. 

È molto grave e testimonia una deriva reazionaria che dobbiamo respingere in tutti i modi. Dobbiamo farlo per noi e per la memoria di tutti i Salvatore Novembre”.

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